Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile by Francesco «kento» Carlo

Barre. Rap, sogni e segreti in un carcere minorile by Francesco «kento» Carlo

autore:Francesco «kento» Carlo [Carlo, Francesco «kento»]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Music, Genres & Styles, Rap & Hip Hop, Social Science, Penology
ISBN: 9788833892245
Google: Vb0rzgEACAAJ
editore: Minimum Fax
pubblicato: 2021-12-15T09:49:11+00:00


DESTRO, SINISTRO, MONTANTE

Per ogni testa allo specchio / Ogni volta che ho perso qualcosa, ogni rosa, ogni spina / Ogni volta che ho messo le nocche sul mondo / Ogni fondo toccato, ogni botta, ogni sfida.

MezzoSangue, 2018

Stavolta la macchina l’ho presa davvero. Non voglio arrivare in ritardo, devo parlare con i ragazzacci di una cosa importante e i mezzi pubblici se si mette a piovere, e siamo ormai in autunno, sono un casino. Già dalla scorsa settimana so che non posso portare dentro il mio solito zainetto: pare che sia stato scoperto un qualche nuovo tipo di contrabbando e quindi si è deciso di bloccare l’ingresso a ogni tipo di borsa o contenitore, a meno che non sia completamente trasparente. La regola mi sembra molto discutibile, ma è una di quelle situazioni in cui ho imparato che è meglio adeguarsi senza discutere. Ho visto su internet che esistono vari tipi di zaini trasparenti, ho scelto quello un po’ meno brutto e stavo per procedere con l’acquisto quando mi ha colto un dubbio: forse non è una grande scelta girare per la città col computer portatile e la cassa Bluetooth in piena vista... Ho ripiegato quindi per una soluzione meno estetica ma più pratica: una borsa di plastica morbida ma spessa, di quelle che si usano per riporre le trapunte negli armadi durante la bella stagione. Piccola il giusto – doveva contenere una trapunta singola – per farci entrare il computer, la cassa cilindrica e il quaderno ed entrare a sua volta nello zaino, prima che io lo lasci all’ingresso. La borsa ha perfino due manici di morbido tessuto verde. Comodissima, ergonomica, corrispondente alle regole. E ridicola, proprio come le regole a cui obbedisce.

Ma non faccio in tempo a tirarla fuori che l’agente in portineria se ne esce con la sua solita tiritera: «Mi sa che stai solo perdendo tempo... non credo che l’attività oggi si riesce a fare». Schema vissuto e rivissuto: questo luogo, progettato per tenere le persone chiuse al suo interno, spesso soccombe alla tentazione di tenere altre persone, quelle che dovrebbero dare una mano, chiuse fuori. Un carcere è un «luogo forte», non solo per l’architettura.

Ho avuto la possibilità, interpretando in maniera disinvolta i permessi che mi erano stati dati, di perdermi nelle ali antiche, e ormai in disuso, di certi storici IPM italiani. E mi sono accorto di quanto la coscienza sociale, la filosofia su chi sia (o debba essere) il detenuto ne influenza in modo determinante la struttura architettonica, prima ancora che l’atteggiamento delle persone. Se gli istituti recenti come questo potrebbero apparire, a un occhio superficiale, colonie estive o collegi, i loro predecessori – in uso fino a pochi decenni fa – possono essere definiti con una sola parola: galere. Sbarre dal pavimento al tetto, bocche di lupo, brandine imbullonate alla parete. Galere. Da qualche parte mi è sembrato persino di scorgere delle applicazioni della teoria del Panopticon, la filosofia architettonica carceraria di gran moda nell’Ottocento che, se applicata in modo puro, consentirebbe a



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